Cresime, Comunioni, Iniziazione cristiana: perchè ripartire ?

 

 

In questa settimana sono state recapitate alle famiglie interessate le nuove date e disposizioni in merito alla celebrazione delle Cresime (10 e 11 ottobre) e delle Prime Comunioni (18 – 25 ottobre
e 1° novembre) nella nostra Comunità pastorale.
Abbiamo incontrato una generale comprensione dei criteri adottati, ma insieme a questo, abbiamo ricevuto non poche, legittime e molto garbate osservazioni che – mi pare – possano essere ricondotte alla seguente domanda: perché non si sono aspettati tempi migliori?

Perché far vivere ai ragazzi queste tappe significative in un momento ed in una situazione non ottimali?
La risposta più semplice ed anche più comoda sarebbe quella di “scaricare” la responsabilità sulla Diocesi che ci invita a questo a partire dalla nota del Vicario generale datata 28 maggio 2020 che così si esprime: “Quanto alle date, ad oggi possiamo al più auspicare e presumere che Prime
Comunioni e Cresime si possano celebrare tra settembre e novembre, prima dell’inizio dell’Avvento.
Questo consentirebbe di prevedere una adeguata preparazione prossima per i ragazzi e le loro famiglie. Ai ragazzi della Prima Comunione si aprirebbe poi l’anno di formazione verso la Cresima; i
cresimati invece potrebbero iniziare il percorso preadolescenti, le cui Linee guida sono state presentate in questi giorni”.


Preferisco, però, espormi e condividere con voi – senza la pretesa di convincere nessuno – il perché ritengo giusta ed opportuna questa indicazione della Diocesi e la scelta fatta da noi sacerdoti.
Innanzitutto, è un’indicazione che invita a vivere. Mi ha molto colpito una frase di Chesterton incontrata le scorse settimane che dice così: «Non nego che ci debbano essere preti per ricordare agli uomini che un giorno dovranno morire. Dico solamente che in certe epoche strane, come in
quella che viviamo, è necessario avere un altro genere di preti, chiamati poeti, per ricordare agli uomini che ancora non sono morti».


Ho trovato in questa frase un invito – innanzitutto per me – non “sospendere la vita” aspettando
tempi migliori, ma a vivere il più possibile, meglio possibile questo tempo strano, in cui certo avere
tutte le attenzioni e le prudenze che è giusto avere.
Capisco perfettamente – e io per primo avrei desiderato che fosse così – il valore di voler regalare ai nostri ragazzi dei momenti il più possibile normali di cui fa parte il più che legittimo desiderio che
siano condivisi da tutte le persone loro care, ma tutto questo – oggi – correrebbe il rischio mettere in “stand by” a tempo indeterminato i loro cammini e forse, più in generale, la loro vita.

Per cui mi chiedo: qual è il valore che va maggiormente tutelato? Quello di farli stare fermi in vista di tempi migliori o quello di aiutarli ad andare avanti, a camminare e vivere nelle attuali condizioni provando a
far sperimentare loro che anche adesso, così, si possono vivere momenti lieti? Personalmente ritengo il secondo.


Il secondo motivo è legato al dono grande che sono i sacramenti. Eucaristia e Spirito santo sono i doni più belli e grandi che Gesù ci ha lasciato. Anche qui la domanda è: qual è il valore che va
maggiormente tutelato? Il non privare i nostri ragazzi di questi doni grandi o il continuare a privarli fino a quando non potremo donarglieli all’interno di celebrazioni il più possibile normali?
Personalmente ritengo il primo.
Ecco, quindi, la logica che sta sotto all’aver accolto positivamente le indicazioni della Diocesi e che
soggiacerà anche alla ripresa “in presenza” di tutti i cammini dell’Iniziazione cristiana. Tempi e
modi verranno comunicati non appena avremo comunicazione dei protocolli da attivare. 

                                        Don Paolo