Una comunità capace di correzione fraterna

Per la quaresima e la Pasqua di quest’anno, il nostro arcivescovo ci ha scritto una lettera nella quale ci invita non solo “a celebrare di nuovo la Pasqua, ma piuttosto a celebrare una Pasqua nuova”.
E per arrivare a celebrare una Pasqua nuova invita ogni comunità a recuperare la pratica della cosiddetta correzione fraterna, una pratica che si fonda sulla consapevolezza che il fatto che Gesù ci voglia bene a prescindere, non coincide col fatto che per Lui vada bene qualunque cosa. Il vangelo ce lo racconta chiaramente: a Gesù non va bene l’ipocrisia dei sepolcri imbiancati, non va bene quando un potente aggredisce un piccolo, un povero… Tra vittima e colpevole Gesù non è imparziale: sta con la vittima, vuol bene anche al colpevole ma si adopera a correggerlo. Alla donna adultera che salva dalla
lapidazione dopo averle detto “Neanch’io ti condanno”, aggiunge “va’ e d’ora in poi non peccare più”.
Così mons. Delpini, dopo aver sottolineato come la correzione sia “anzitutto espressione della relazione educativa che Dio ha nei confronti del suo popolo”, prosegue affermando che “nella comunità cristiana
la correzione ha la sua radice nell’amore, che vuole il bene dell’altro e degli altri”.
La correzione fraterna, quindi, è innanzitutto “correzione” cioè invito a chi è andato fuori strada a tornare ad ascoltare e vivere la proposta, lo stile del vangelo.
E poi è “fraterna” cioè ha un modo di essere gentile, delicato, prezioso.
La correzione fraterna è così l’andare dal diretto interessato con franchezza e insieme con benevolenza, con lucidità e fermezza unite a umiltà e dolcezza.
Scrive ancora il nostro arcivescovo: “Non possiamo sopportare quella critica che non vuole correggere,
ma corrodere la buona fama, la dignità delle persone; non possiamo sopportare quel modo di indicare errori e inadempienze che sfoga aggressività e risentimento”.


Allora proviamo a chiederci: “So praticare la correzione fraterna? Perché, eventualmente, faccio fatica a praticarla preferendo, magari, criticare alle spalle piuttosto che rivolgermi con verità e benevolenza al
diretto interessato?”
E ancora: “Come ho reagito le volte che qualcuno ha corretto me fraternamente?”
… non le volte che qualcuno mi ha criticato aggredendomi, perché in quel caso è anche giusto far notare di moderare i modi e magari i termini, ma quando qualcuno mi ha corretto fraternamente qual è stata la mia reazione?
Facciamo in modo di non essere una comunità nella quale – come diceva il card. Martini – “vige una
falsa pace costruita su colpevoli silenzi”; facciamo in modo di essere comunità autenticamente cristiana,
capace di vivere sempre più e sempre meglio il difficile ma quanto mai prezioso esercizio della correzione fraterna.


don Paolo